La storia del Mulino di Scaleta e la leggenda del “Crot de le Cros”
Condividendo le considerazioni espresse da Don Fabrizio nel suo articolo sull’ultimo Sovramontino intitolato A pieno ritmo, come direttivo Pro Loco Sovramonte ci siamo sentiti chiamati a fare la nostra parte e ad organizzare un evento anche per così dire “fuori stagione”. Di certo la manifestazione che ci coinvolge e ci emoziona di più è quella dedicata al Festival di Mistero coordinato dall’UNPLI regionale con il patrocinio della Regione Veneto. Il festival è giunto quest’anno alla sua 14° edizione e per noi a Sovramonte quella del 19 novembre scorso è stata la 4° partecipazione. L’intento degli organizzatori del festival è quello di far scoprire e conoscere i luoghi misteriosi e leggendari presenti nel territorio Veneto, gli eventi proposti si ispirano ad un tema prefissato uguale per tutti, quest’anno il tema era l’Acqua e noi come Pro Loco Sovramonte abbiamo scelto di raccontare la storia del Mulino di Scaleta e di interpretare la leggenda del “Crot de le Cros”. Molti ricorderanno che il mulino venne distrutto completamente dalla disastrosa inondazione del “66, e che le sue macine scomparvero coperte dal pietrame, giacendo a 2/3 metri di profondità nello stesso luogo dove avevano svolto il loro lavoro per quasi cento anni. Fu l’indimenticabile capogruppo Giovanni Appocher che ricordando perfettamente dove erano ubicate le macine ne coordinò il recupero e con l’aiuto di uno scavatore, un trattore e di tanti volontari Alpini, le macine tornarono alla luce e da allora fanno bella mostra di sè nei pressi dell’area verde dell’Istituto Scolastico di Sovramonte. Nel 2006 la loro silenziosa presenza fu accompagnata dall’allestimento di una grande dipinto murale ad opera dell’artista feltrino GianAntonio Cecchin. L’opera di oltre 30 metri quadrati, raffigura il fiume Ausor, dalle sue sorgenti in vetta al lago di Rodela e le tante attività come mulini e segherie che un tempo oramai lontano si trovavano lungo il suo corso e usavano la forza meccanica dall’acqua. Il dipinto evoca ricordi e consuetudini come quella di raccontare le storie ai più piccoli nei filò, ricorda gli antichi mestieri legati all’acqua come la macinatura del mais, il taglio del legname, la lavorazione della canapa e del lino e anche i momenti felici della vita rurale e contadina di un tempo. Ciò considerato, era evidente che tutto calzava a pennello col tema dell’Acqua per la serata di Mistero però…. mancava la leggenda. Quando un giorno, quasi casualmente Virginio Bottegal, che si era reso disponibile per parlare del Mulino di Scaleta, ci raccontò senza quasi rendersi conto del valore delle sue parole, la “Storia del Crot de le Cros”, ecco trovata la leggenda che faceva al caso nostro. Con queste interessanti e fortunate premesse abbiamo deciso di organizzare un evento che fosse distinto in tre parti, innanzi tutto rendesse possibile visitare i luoghi, quindi restituisse memoria e merito al Mulino di Scaleta e alla famiglia Moretta, dando anche il doveroso spazio alla leggenda. L’evento ha quindi preso avvio sabato 19 novembre alle ore 15 con la partenza dall’Istituto Scolastico di una trentina di escursionisti alcuni giunti anche da lontano. Guidati da Giovanni Reato si sono diretti verso Sorriva, Pontera, Sentà e poi Scaleta passando sopra l’Ausor sul nuovo ponticello costruito dal Gruppo ANA Moline-Sorriva, per poi ritornare verso i Marcoi, non prima di essere passati a visitare il “Crot de le Cros” e vedere da vicino le sue enigmatiche antiche croci scavate nella roccia. È doveroso dire che i volontari Alpini qualche giorno prima avevano ripulito il sentiero verso i Marcoi e ricavato per l’occasione un nuovo passaggio che porta alla grotta, togliendo con un grande lavoro di braccia e motoseghe gli alberi schiantati da Vaia e la vegetazione infestante che aveva quasi completamente nascosto il luogo, ai volontari Alpini per questo grande lavoro fatto ad hoc va tutta la nostra sincera gratitudine e per ricordare l’evento è stato posizionato sul percorso un pannello in legno che riporta la leggenda del “Crot de le Cros”. L’escursione si è conclusa verso le 17:30 con la visita alla chiesa di San Giorgio, mantenuta aperta e illuminata per l’occasione. L’evento è poi ripreso alle 18:30 nei pressi dell’Istituto Scolastico quando dopo l’iscrizione dei partecipanti e la consegna delle lanterne si sono potuti ammirare una trentina di personaggi in costume intenti a svolgere gli antichi mestieri di un tempo. “La caliera de la lissia, el mastel de legn, el macaor, le strie, la corleta, el nasp, el ster, el bigol co i thest e la spineta” erano solo alcuni degli attrezzi di una volta che avevano come per magia, ripreso vita e con maestria venivano usati dalle mani dei protagonisti interpreti dei popolani di un tempo. L’ambientazione scenica, la scelta degli abiti dei figuranti e la ricerca degli attrezzi antichi utilizzati sono stati il frutto della competenza e della conoscenza storico/evocativa dell’artista sovramontina Roberta Dal Prà al fine di creare il suggestivo, verosimile e magico allestimento che ne è risultato. Verso le 19 dopo che le persone avevano preso posto davanti al grande murale, il presidente della pro loco ha dato loro il benvenuto e ha presentato l’evento quindi ha passato la parola al maestro GianAntonio Cecchin che ha descritto la sua opera pittorica nelle diverse scene raffigurate mentre esse venivano puntualmente evidenziate dalla luce di un proiettore. Di seguito a parlato Virginio Bottegal spiegando ai presenti da chi, come e quando è stato costruito il “Mulin di Scaleta”, la storia della famiglia Moretta che ci ha vissuto e lavorato per un centinaio di anni fino al 1960, egli ha descritto con dovizia di particolari anche inediti, come era fatto il mulino e come la forza dell’acqua attraversandolo faceva funzionare sia le macine che la segheria e la falegnameria, battere il maglio e da ultima anche una piccola centralina elettrica ante litteram. Virginio Bottegal ha poi ricordato diversi aneddoti legati alla famiglia Moretta e al loro riconosciuto ingegno costruttivo e operoso, ha infine concluso con i modi di dire di un tempo riconducibili alla farina di mais e alla polenta, umile ed essenziale alimento sempre presente sulla tavola quotidiana dei nostri nonni e bisnonni. Dopo un ennesimo caloroso applauso da parte del pubblico ha preso piede la leggenda del “Crot de le Cros”, l’elemento Acqua, interpretata magistralmente da Maria Cristina Fiorentin, ha fatto da voce narrante e dopo aver introdotto il racconto ha invitato tutti a seguirla e a proseguire verso l’Auditorium del Centro Servizi alla Persona. Il cammino si è svolto lungo un percorso delimitato da un centinaio di bracieri ardenti, accompagnato dalla musica di un antico organetto suonata da Marco Scapin. Una volta giunti all’Auditorium i popolani con i sacchi di farina caricati sulle spalle hanno iniziato a salire i gradini del teatro simulando la faticosa via di Scaleta, lamentandosi e imprecando per la fatica anche verso Dio, il diavolo che stava nascosto nella grotta li vicino si è sentito forte di quella situazione ed è entrato in scena in una nuvola di fumo con 4 diavoletti al seguito. In una sorta di danza malefica i diavoli hanno bucato tutti i sacchi di farina dei viandanti senza che loro se ne accorgessero. Solo dopo essere giunti a casa, i contadini si sono resi conto di aver perso per strada gran parte della farina e disperati si sono rivolti per l’aiuto di Dio al curato del paese (ennesima magistrale interpretazione di Italo Todesco) il quale, facendo promettere ai popolani di non bestemmiare mai più con l’intercessione del santo patrono San Giorgio ha affrontato il diavolo con in mano l’Acqua Santa. Dopo una burrascosa battaglia con tuoni, fulmini, vento, pioggia e tempesta, il diavolo è stato sconfitto e scacciato per sempre dalla grotta, i popolani in festa hanno reso grazie a Dio e a San Giorgio e entrando nella grotta si sono fatti il segno della Croce, ognuno ha inciso nella roccia una piccola croce, segno tangibile della loro fede e della vittoria del bene sul male, anche da questa scena finale è scaturito un grande e caloroso applauso per tutti. Alla fine della rappresentazione i partecipanti e i protagonisti sono stati invitati e accolti nella vicina sala grande del CSP per la cena composta da una gustosa zuppa d’orzo, pizza alla diavola, panini con porchetta, dolce al cucchiaio con mosto d’uva rossa, crostata ai frutti di bosco, bevande calde e fredde. Per concludere è doveroso esprimere un GRAZIE GRANDISSIMO a tutte le persone che hanno contribuito in vario modo alla riuscita della manifestazione, agli alpini e ai volontari che hanno ripulito il sentiero dei Marcoi, alla guida che ha accompagnato gli escursionisti nel percorso, a chi ci ha spiegato il dipinto murale e chi ci ha raccontato la storia del mulino di Scaleta e della famiglia Moretta, a chi ha creato i personaggi dei mestieri e della leggenda e a chi li ha interpretati, molti di loro giovani e giovanissimi, all’Acqua, al curato del paese, al diavolo e ai diavoletti, ai tecnici audio ed effetti speciali, a chi ha allestito le luci, a chi ha fatto le riprese video, a chi ha gestito i fuochi nei bracieri e le lanterne, a tutti coloro che hanno dato una mano ad allestire e a “disallestire” gli scenari sia nei pressi del dipinto murale che all’Auditorium, a chi ha creato e costruito la scenografia, con la chiesa, il mulino, l’inferno e la grotta delle croci, a chi ha cucinato i cibi e offerto bevande, a chi ha preparato la sala per la cena, a chi ha ripulito e riordinato il CSP e anche la Casa delle Associazioni. Ognuno in cuor suo sa quel che è stato fatto e comunque, è certo e sicuro che lo stare insieme e il condividere un evento in presenza è il VERO GRANDE VALORE per una comunità.